Rischio Ipotermia e Disidratazione nel Soccorritore in inverno, un pericolo sottovalutato…

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Cosa ci dice ll Testo Unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori (D.Lgs.81/08) ci indica tra gli obblighi che:

 Obblighi dei Datori di Lavoro e del Dirigente Art. 18 D.Lgs. 81/08

– Adottare ed aggiornare le misure di prevenzione ai fini della salute e sicurezza del lavoro.

– Affidare a ciascun lavoratore compiti confacenti alla sua salute e capacità.

– Fornire idonei D.P.I. (Dispositivi di Protezione Individuali).

– Informare e formare ciascun lavoratore sui rischi specifici presenti in cantiere utilizzando gli strumenti informativi (POS, manuale d’uso e manutenzione delle macchine, ecc.).

– Adottare misure affinché soltanto lavoratori che abbiano ricevuto una formazione specifica accedano a zone che li espongono a rischi gravi. 


Informare i lavoratori esposti a rischio grave ed immediato sulla natura 
del rischio e sui provvedimenti da adottare per eliminarlo.

Designare preventivamente i lavoratori incaricati del primo soccorso, delle misure di prevenzione incendi e dell’evacuazione dai luoghi di lavoro. (nominativi da inserire nel POS)

Richiedere ai lavoratori l’osservanza dell’attuale normativa in campo di 
igiene e sicurezza del lavoro e le specifiche disposizioni aziendali.

Sottoporre i lavoratori alla sorveglianza sanitaria a cura del medico competente

dotare i lavoratori di tessera di riconoscimento completa dei dati dell’impresa e del nominativo del lavoratore e della sua fotografia.

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Obblighi dei preposti (caposquadra – capoturno) Art. 19 D.Lgs. 81/08 


Vigilare sull’osservanza da parte dei lavoratori degli obblighi normativi, delle disposizioni aziendali, delle procedure di sicurezza dell’uso dei D.P.I e dell’esposizione della tessera di riconoscimento.

– In caso di persistente inosservanza riferire ai propri superiori verificare che solamente i lavoratori che hanno ricevuto una specifica formazione accedano a zone che li espongono a rischi gravi 
(Le famose 12h di “formazione specifica” fatte dal RSPP Formatore Autorizzato).

Dare istruzioni ai lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato affinché abbandonino le zone di pericolo ed astenersi dal richiedere agli stessi di riprendere l’attività se le situazioni di rischio permangono.

Informare i lavoratori esposti a rischio grave ed immediato sulla natura del rischio e sui provvedimenti adottati per eliminarlo.

Segnalare al Datore di Lavoro o al Dirigente le deficienze dei mezzi, attrezzature di lavoro, dei D.P.I. ed ogni altra situazione di pericolo nell’ambito della formazione ricevuta.

Frequentare i corsi di formazione.

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New Bedford firefighter Lt. Eric Hartford tries to dig out an ambulance carrying a patient en route to St. Lukes Hospital in New Bedford, Mass., on Tuesday, Jan. 27, 2015, as the region digs itself out of the snow storm that covered the area. The nor’easter was predicted to continue to pound Connecticut, Rhode Island, Massachusetts, New Hampshire and Maine with snow and wind through Tuesday. Total accumulation was expected to reach or exceed two feet in most of Massachusetts, potentially making it one of the top snowstorms of all time. (AP Photo/The Standard-Times, Peter Pereira)

Obblighi dei Lavoratori. Art. 20 D.Lgs. 81/08 
 – Prendersi cura della propria sicurezza e salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, sulle quali ricadono gli effetti delle sue azioni od omissioni. 
 – Osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti in materia di salute e sicurezza sul lavoro e protezione collettiva ed individuale. 
 -Utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze pericolose, i mezzi di trasporto ed i D.P.I. resi disponibili. 
 – Segnalare ogni deficienza che interessi mezzi e dispositivi al preposto, al dirigente o al datore di lavoro non rimuovere o modificare senza specifica autorizzazione i dispositivi di sicurezza, controllo e segnalazione. 
 – Non compiere di propria iniziativa operazioni che non siano di propria competenza. 
 – Partecipare ai programmi di informazione e formazione e sottoporsi ai controlli sanitari disposti dal medico competente. 
 – Esporre la tessera di riconoscimento fornita dal proprio datore di lavoro.

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Stare in sicurezza nel Clima Freddo durante il soccorso

 L’esposizione all’aria o all’acqua fredda sono le cause più comuni di ipotermia e disidratazione, che colpiscono i soccorritori impegnati nelle missioni di recupero e soccorso, (es. incidente stradale con estricazione lunga, di uno o più pz. in condizioni climatiche avverse, ricerca e soccorso in montagna, ecc…).

COSA PUOI FARE?

 Analizza la “situazione climatica” prima di uscire: prenditi il tempo per guardare le previsioni meteo e decidere come prepararti per la tua missione.(via internet oppure tramite smartphone reperisci in pochi secondi le condizioni meteo). Ricordati che c’è un rischio di ipotermia anche a temperature che sembrano relativamente miti, perché il vento e la pioggia possono abbassare la temperatura del corpo.

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Ricordati di bere l’acqua: potrebbe sembrare un consiglio ovvio, ma è realmente il più importante, come negli altri mesi dell’anno, è importante assumere 8 bicchieri di acqua al giorno.

Le basse temperature arrivano velocemente al tramontare del sole: Se la chiamata della centrale operativa arriva di pomeriggio, preparati alla possibilità che ci sia un brusco calo delle temperature durante la tua missione, assicurati di indossare l’abbigliamento tecnico adeguato.

Tieni pronto un piano “B”: Non sempre le cose vanno come da programma e potresti trovarti costretto a restare fuori molto più tempo di quanto avevi ipotizzato.

Pecca per eccesso di sicurezza e porta con te dell’abbigliamento extra (di scorta in ambulanza) e il carica cellulare aziendale se previsto (altrimenti quello tuo personale), nel caso avessi bisogno di aiuto. (ricorda tutte le apparecchiature come il tuo fisico ne “risentono” delle basse temperature e le batterie si scaricano in fretta).

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Copriti a strati per proteggere le zone del corpo più sensibili: Vestirsi a strati (“a cipolla”) è un modo molto efficace per difendere il corpo dall’ipotermia.

Non pensare che un solo strato di abbigliamento possa essere sufficiente per ripararti dall’aria fredda.

Cambia subito gli indumenti bagnati indossando quelli asciutti: A volte è impossibile evitare di bagnarsi, ma in questo caso è necessario cercare di asciugarsi il prima possibile (in ambulanza tramite il riscaldamento, altrimenti in PS con gli abiti di “scorta”).

Presta attenzione alle zone del tuo corpo come: l’inguine, le ascelle, la testa, il collo e i lati del torace hanno bisogno di una protezione extra.

Queste aree perdono calore più rapidamente rispetto ad altre parti del corpo.

Metti anche più strati di calzini e guanti, per proteggere mani e piedi dal congelamento.

Portati dei ricambi o asciugali se si bagnano.

 Usa la crema protettiva: Assicurati che le tue mani siano sempre ben idratate, nei periodi freddi sono maggiormente esposte al pericolo di seccarsi, e di essere vittima di piccoli tagli e screpolature. Porta sempre con te una piccola confezione di crema per le mani e, quando sei in sede, tieni sempre a portata di mano un prodotto idratante per le mani.

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Se ti stai vestendo per una spedizione, porta altri indumenti di riserva nel caso i vestiti si bagnino: Imballa questi altri abiti in un sacchetto di plastica impermeabile per tenerli asciutti.

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Cerca l’abbigliamento traspirante più caldo e comodo, corrispondente alle condizioni meteo previste, quando decidi gli abiti da indossare a strati. Gli appassionati di outdoor e di vita all’aperto hanno scoperto che una certa combinazione di tessuti offre la migliore protezione dal freddo. Quando stai preparando l’abbigliamento per la tua gita all’aria aperta, individua gli strati di indumenti che sono noti per mantenere il corpo caldo e al sicuro. Anche se alcuni tessuti possono essere un po’ costosi, ne valgono sicuramente la pena.

Primo strato: Indossa un tessuto traspirante a contatto con la pelle.

La sua caratteristica peculiare è di tenere lontano dalla pelle l’umidità come il sudore, in modo che il corpo rimanga asciutto. Prendi una maglietta a maniche lunghe e calzamaglia fatti di questo tipo di poliestere.

Secondo strato: Indossa lana o altro tessuto caldo sopra lo strato di base.

La lana è la scelta migliore per il freddo, dal momento che permette alla pelle di respirare, ma nel contempo fornisce un ottimo isolamento ed è estremamente calda.

 Terzo strato: Indossa un tessuto impermeabile o antivento sulla parte superiore. Valuta le condizioni meteo che potresti trovare e indossa un altro strato per ripararti. Potrebbe essere necessaria una giacca a vento o un antipioggia per evitare che gli indumenti sottostanti si possano bagnare.

Non mettere mai il cotone nella stagione fredda. Questo tessuto lascia respirare troppo la pelle e non è abbastanza caldo per proteggerti da una possibile ipotermia. Quando si bagna, può causare una situazione difficile, dal momento che è lento ad asciugare e trattiene l’umidità contro il corpo. Gli esperti sanno che il cotone è il tessuto peggiore da indossare al freddo. Lascia le magliette in cotone a casa e prendi invece dei tessuti più efficaci per tenerti al sicuro.

Rimani il più asciutto possibile: l’umidità è il peggior nemico quando si tratta di difendersi dall’ipotermia.

Evita le “zone umide” a meno che non indossi scarpe impermeabili o anfibi per mantenere i piedi e le gambe asciutti.

Cerca di non stancarti troppo e di non sudare, dal momento che anche l’umidità che si produce con la sudorazione può essere pericolosa quando la temperatura scende e il corpo si raffredda ancora.

Cerca un riparo se inizia a piovere o a nevicare: se comincia a piovere e hai la possibilità di evitare di bagnarti, trova un rifugio. Resta al coperto finché smette di piovere, se possibile.

Cerca il sole: se c’è il sole in una giornata fredda, ti terrà molto più al caldo che in un giorno nuvoloso (non dimenticarti però protezioni, occhiali da sole e cappello).

Indossa un cappello: Come menzionato in precedenza, la maggior parte del calore corporeo si disperde attraverso la testa, le mani ed i piedi.

Tieni il vento sotto controllo: Come già detto, proteggersi dal vento col giusto equipaggiamento è davvero importante. Il vento congela e brucia molto in fretta se non hai preso delle precauzioni. Usa della Vaselina o una crema protettiva simile per schermarti il viso e copriti con dei vestiti per evitare che il vento colpisca le estremità. Usa degli occhiali normali o di protezione, se necessario.

Trova un riparo dal vento: il vento può essere altrettanto insidioso della pioggia nella stagione fredda, dal momento che soffia aria fredda attraverso i vestiti e fa scendere la temperatura corporea più velocemente dell’aria ferma.

Ciò è ancora più pericoloso se sei anche umido per il sudore o la pioggia.

Una buona giacca a vento aiuta, ma il vento forte può ancora penetrare attraverso gli strati di indumenti.

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Se il vento inizia a essere davvero molto violento, trova un riparo, anche se si tratta solo di un albero ad alto fusto. Valuta se puoi aspettare che il vento si calmi e torna a camminare quando si calma.

Se desideri procedere nel tuo cammino, cerca di stare vicino agli alberi o al versante della montagna in modo da non esporre tutti i lati del corpo al vento.

Torna indietro mentre sei ancora al sicuro: se ti senti sfinito, è importante girarti e tornare indietro subito.

Se ti stanchi troppo puoi non riconoscere i segni dell’ipotermia.

Man mano che ti raffredderai, sarai sopraffatto dalla fatica e potrai trovarti in una situazione molto pericolosa.

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Noterai quanto in fretta ti raffreddi non appena smetti di muoverti dopo un’attività fisica di soccorso intensa.

Se stai sudando significa che stai faticando troppo: Cerca di rallentare per quanto possibile in modo da non trovarti fradicio di sudore.

Non ignorare i brividi e altri segni precoci di possibile ipotermia.

Reintegra i liquidi persi con la sudorazione.

Prenditi cura di te: Portati degli scaldini per mani e piedi se pensi di stare fuori a lungo Occupano poco spazio ma forniscono una buona dose di energia per le loro dimensioni, che può fare la differenza tra una pessima escursione e dei momenti piacevoli.

N.B. AUTISI SOCCORRITORI!!

Quando posizioni il mezzo di soccorso a “protezione della scena” ricordati che la neve riduce la visibilità ai guidatori e le aree o le strisce riflettenti e i lampeggianti possono essere ricoperti di neve!! Compresi sui tuoi vestiti. Usa anche le torce antivento per segnalare la tua presenza.

Stai attento alle zone in pendenza o collinose!!!

Potresti non notarle affatto quando nevica, ma la neve rende pericolose anche le piccole colline a causa del rischio di scivolamento.

Ricorda ….

Non c’è niente di più fastidioso che infradiciarsi completamente con uno zaino da portarsi dietro, in una strada mista-fangosa, con gli alberi sgocciolanti da affrontare, e la neve che non ti fa vedere dove metti i piedi.

Il giubbotto, indossalo appena comincia a nevicare e usa il cappuccio tirando bene la cordicella per stringerlo e tenere l’acqua lontano anche dal viso.

Al momento della consegna verifica che ci sia abbastanza spazio all’interno per muoverti in modo “comodo”.

Le divise oggi giorno sono di ottima qualità, pantaloni impermeabili che si asciugano in fretta e anche t-shirt, felpe, giacche, ecc con caratteristiche simili ma i pantaloni sono la cosa più importante visto che l’impermeabile si fermerà, a un certo punto lasciando, le tue gambe esposte alle intemperie.

Scarponi antinfortunistici di buona qualità.

Richiedi e pretendi dalla tua associazione/azienda, scarponi antinfortunistici con caratteristiche per camminare in ambienti umidi, bagnati.

NON UTILIZZARE scarpe da ginnastica e/o scarponcini da Trekking.

Prenditi cura della tua salute: Alimentati quotidianamente con frutta, verdura, cereali, proteine e latticini per avere la migliore condizione fisica possibile, per affrontare la tua missione di soccorso.

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Normativa Europea EN 471. LA NOSTRA DIVISA E’A NORMA?

 

I datori di lavoro mettono a disposizione dei lavoratori che svolgono attività in luoghi di lavoro con flusso veicolare, i dispositivi di protezione individuale conformi alle previsioni del Titolo III del TU 81/2008.

Gli indumenti ad alta visibilità rispondono a quanto previsto da:
• D.L.gs 475/92 “Regolamento codice della strada”
• D.M. 9 giugno 1995 “Disciplinare tecnico sulle prescrizioni relative ad indumenti e dispositivi autonomi per rendere visibile a distanza il personale impegnato su strada in condizioni di scarsa visibilità”
• D.M.10/97 “Attuazione direttive 93/68/CEE, 93/95/CEE e 96/58/CE relative ai DPI”
• D.I. 4 marzo 2013 “Segnaletica stradale per attività lavorative svolte in presenza di traffico veicolare”
• Norma UNI EN 20471:2013 “Indumenti ad alta visibilità – Metodi di prove e requisiti”
• Norma UNI EN 343 che fornisce protezione contro precipitazioni quali pioggia, neve, nebbia e umidità.

Il 28 giugno 2013, la “Gazzetta ufficiale dell’Unione europea” ha pubblicato la nuova norma EN ISO 20471:2013, che sostituisce ufficialmente a partire dalla stessa data l’attuale EN 471:2003+A1:2007.

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La norma EN ISO 20471:2013 specifica i requisiti degli indumenti ad alta visibilità in grado di segnalare visivamente la presenza del soccorritore, visto dagli operatori di veicoli o di altri dispositivi meccanizzati in qualunque condizione di luce diurna o alla luce dei fari dei veicoli nell’oscurità.
Sono inclusi i requisiti prestazionali relativi a colore e retroriflessione così come alle aree minime e alla disposizione dei materiali negli indumenti di protezione.
Via dicendo riassumerò le informazioni e cambiamenti principali della norma che ci riguardano come soccorritori, senza tuttavia elencarli tutti.
Per informazioni più dettagliate, si consiglia di procurarsi una copia della norma completa a cui fare riferimento. La norma può essere acquistata su http://www.iso.org/iso/home.html.

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Principali cambiamenti
•elimina la distinzione tra uso professionale e non professionale
•ha per oggetto l’analisi e la valutazione dei rischi per la scelta degli indumenti ad alta visibilità appropriati a situazioni ad alto rischio
•mantiene il sistema di raggruppamento in tre classi per gli indumenti basato sulle aree minime di materiali ad alta visibilità: fluorescente e riflettente
•esclude le bretelle poichè non possono essere certificate come conformi ai requisiti
•esclude dal calcolo dell’area minima richiesta l’area coperta da simboli, loghi o scritte
•prevede che il materiale di fondo (fluorescente) deve circondare tutte le parti rilevanti (torace, braccia e gambe) con una larghezza minima di 50 mm
•elimina i requisiti per il materiale a prestazione separata di Classe 1 previsti dalla EN 471
•dispone che a fianco del pittogramma deve essere riportato un solo numero indicante la classe del capo di abbigliamento
•dispone che nelle informazioni per l’utilizzatore deve essere dichiarato il numero massimo di cicli di lavaggio
•l’ampliamento dell’applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza per tutti i lavoratori
•la rivisitazione e il coordinamento delle attività di vigilanza
•il finanziamento delle azioni promozionali e formative per la sicurezza sul lavoro
•la revisione e l’inasprimento del sistema delle sanzioni
•alleggerimento degli adempimenti di tipo burocratico a carico delle imprese
•nuove modalità di redazione del “documento unico di valutazione dei rischi”

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Progettazione dell’Indumento/Completo
• I requisiti di progettazione di cui alla norma EN ISO 20471:2013 mantengono un sistema di raggruppamento in tre classi per gli indumenti basato sulle aree minime di materiali ad alta visibilità visibili incorporati nel capo di abbigliamento, ai sensi del quale gli indumenti in Classe 3 forniscono il livello più alto di visibilità.
La norma permette inoltre di soddisfare i requisiti di appartenenza a questa classe prestazionale specificando un indumento singolo oppure un completo
–per esempio, si potrebbero mettere insieme una giacca in Classe 2 e un paio di pantaloni in Classe 2 certificandoli come completo in Classe 3.
–Nel caso in cui si specifichi un completo, quest’ultimo sarà considerato conforme alla norma solamente se il fornitore fornisce indicazioni chiare su come è stata ottenuta la classificazione.
• Un indumento in Classe 3 deve coprire il torace e avere bande di materiale riflettente su maniche e/o gambe dei pantaloni.

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NOTA BENE : Questo significa che in futuro non sarà più possibile produrre gilet ad alta visibilità di taglie piccole, in quanto la superficie fluorescente sarà troppo piccola.

CARATTERISTICHE DELLE CLASSI 1-2-3

Classe 3: livello massimo richiesto per le persone che lavorano o sono in prossimità di autostrade, vie di trasporto o negli aeroporti.
Requisiti minimi
richiesto per le persone che lavorano o sono in prossimità di autostrade, vie di trasporto o negli aeroporti.
• minimo materiale di fondo fluorescente: 0,80 m2
• minimo materiale retroriflettente: 0,20 m2
• 4 metri di nastro riflettente largo 5cm

i capi devono coprire il torace e avere bande di materiale riflettente su maniche e/o gambe dei pantaloni (i pantaloni possono essere quindi certificati classe 3 solo se abbinati a una giacca). Come capo singolo possono arrivare massimo alla classe 2.
Capi certificabili:
giacche lunghe, giubbotti con maniche, tute da lavoro, completi giacca/pantaloni.

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Classe 2: livello medio
richiesto per qualsiasi persona che lavora in prossimità o su strade di classe A e B, anche per i corrieri.
Requisiti minimi
• minimo materiale di fondo fluorescente: 0,50 m2
• minimo materiale retroriflettente: 0,13 m2
• 2,60 metri di nastro riflettente largo 5cm

Capi certificabili: gilet, tuniche aperte sui fianchi, pettorine, pantaloni.

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Classe 1: livello minimo
richiesto per qualsiasi persona che lavora su una strada privata.
Requisiti minimi
•minimo materiale di fondo fluorescente: 0,14m2
•minimo materiale retroriflettente: 0,10m2
•2 metri di nastro riflettente largo 5cm

Capi certificabili:
pantaloni e gilet ad alta visibilità.

BRETELLE (SONO ABOLITE!)

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• Le bretelle sono escluse dal campo di applicazione della nuova norma e non possono essere certificate come conformi alla norma EN ISO 20471:2013.

• L’area del materiale di fondo o retroriflettente coperta da simboli, loghi, scritte, ecc. dovrà essere esclusa dal calcolo
dell’area minima richiesta (a meno che queste aggiunte non soddisfino i requisiti).
Requisiti per il materiale di fondo (fluorescente)
• La norma è stata revisionata includendo la misurazione del colore del materiale di fondo e del materiale a prestazioni combinate dopo il numero massimo di cicli ripetuti di lavaggio/asciugatura specificato dal fabbricante. (Lo trovate sull’etichetta).
Se non viene specificato nessun numero massimo, il tessuto viene sottoposto a prova dopo 5 cicli di lavaggio e dovrà ancora soddisfare i requisiti di cromaticità e luminanza.
• Il requisito di resistenza alla trazione e allo rottura per alcuni tessuti è stato ridotto, mentre c’è stato un cambiamento nel metodo di prova per la resistenza allo strappo per i tessuti rivestiti/laminati, rendendo necessario sottoporre nuovamente questi tessuti alla prova.
• Gli indumenti non impermeabili, ad eccezione di gilè e corpetti, devono essere sottoposti a prova di resistenza termica su insiemi di indumenti che hanno valori di resistenza al vapore acqueo superiori a 5m2 Pa/W.
• La solidità del colore al sudore è stata aumentata dall’indice 3 all’indice 4 per quanto concerne lo scarico, sia per il materiale di fondo che per il materiale non fluorescente.
• I materiali non fluorescenti esterni devono inoltre soddisfare i requisiti meccanici.
I metodi di prova assicurano che sia mantenuto un livello minimo di protezione quando gli indumenti sono sottoposti ai procedimenti dl manutenzione.

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Requisiti per il materiale retroriflettente
• I requisiti per il materiale a prestazione separata di Classe 1 ai sensi della EN 471 sono stati eliminati. Il requisito prestazionale minimo per il materiale a prestazione separata è lo stesso di quello previsto dalla precedente EN 471 per i materiali retro-riflettenti di Classe 2. Il metodo di valutazione delle prestazioni retroriflettenti dei materiali prevede che i materiali vengano valutati sul segmento di nastro con le prestazioni peggiori.
• Il nastro retroriflettente deve essere sottoposto a prova dopo che allo stesso è stato applicato il numero massimo, stabilito dal fabbricante, di cicli di lavaggio e asciugatura invece che di semplice lavaggio con un’asciugatura solamente dopo l’ultimo ciclo come nella norma EN 471.
• Il fabbricante può ora specificare il processo e la temperatura di lavaggio per la prova tuttavia ciò deve essere riportato nell’etichetta di manutenzione.

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Marcatura
• A fianco del pittogramma è richiesto un solo numero indicante la classe del capo di abbigliamento.
• Il numero massimo di cicli di lavaggio deve essere indicato sull’etichetta ma solamente se viene dichiarato nelle informazioni per l’utilizzatore.
Il numero massimo deve riferirsi al materiale ad alta visibilità con il livello più basso di prestazioni di lavaggio (in base alla prova effettuata sul materiale fluorescente e sul materiale riflettente).

Informazioni per l’utilizzatore
• Nel caso in cui nelle informazioni per l’utilizzatore sia dichiarato il numero massimo di cicli di lavaggio, ciò dovrà essere accompagnato da una frase in cui si specifica che questo non è l’unico fattore connesso con la durata dell’indumento.
• Se non viene dichiarato, dovrà esserci una frase in cui si specifica che l’indumento è stato sottoposto a prova dopo 5 lavaggi.

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GLI OBBLIGHI CHE DOBBIAMO RISPETTARE QUANDO CI CONSEGNANO I DPI:
Il D.Lgs. n. 81/08 prevede un maggiore coinvolgimento dei lavoratori sia per quanto riguarda l’attuazione delle misure di tutela e prevenzione sul posto di lavoro, sia per la realizzazione di una corretta ed efficace applicazione delle regole stabilite dal decreto stesso.
A questo proposito, infatti, l’art. 20 del decreto prevede obblighi specifici anche per il lavoratore; tra questi obblighi rientrano quelli relativi all’utilizzo e alla gestione dei Dispositivi di Protezione Individuale riportati all’art. 78, in base ai quali i lavoratori devono:
1. sottoporsi ai programmi di formazione e addestramento organizzati dal datore di lavoro e, comunque, nei casi stabiliti;
2. utilizzare i DPI messi a loro disposizione esclusivamente per lo scopo previsto e, comunque, sempre in maniera conforme all’informazione, alla formazione e all’addestramento ricevuti;
3. avere cura dei DPI messi a loro disposizione;
4. non apportare modifiche o manomissioni di propria iniziativa;
5. seguire le procedure aziendali stabilite per la riconsegna dei DPI;
6. segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

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LA TUA AZIENDA E’ CARDIOPROTETTA?

L’IMPORTANZA DEI DAE SUI LUOGHI DI LAVORO

Ogni anno si registrano circa 60mila decessi per morte cardiaca improvvisa, la maggior parte dei quali sono provocati dalla fibrillazione ventricolare, una grave aritmia cardiaca che si risolve solo applicando una scarica elettrica al cuore. Un arresto cardiaco improvviso può colpire chiunque – uomo, donna, giovane o anziano, ovunque, in qualsiasi momento e spesso senza preavviso

Il 5% degli arresti cardiaci si verifica sui luoghi di lavoro, oltre 70 lavoratori alla settimana, in Italia, sono colpiti da arresto cardiaco mentre si trovano sul posto di lavoro.

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LA LEGGE COSA CI DICE:

La Legge n.120 del 3 aprile 2001 ha esteso l’uso del defibrillatore semiautomatico esterno (DAE) anche al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attivita’ di rianimazione cardio-polmonare.

Il Decreto 24 aprile 2013 ha definito quali sono le attività che hanno l’obbligo di tenere nei propri locali un DAE.

CAMPO DI APPLICAZIONE

  • Società sportive professionistiche
  • Società sportive dilettantistiche

L’OBBLIGO DI DOTARSI DEL DAE SI ESTENDE A : 

  • Strutture operanti nel sistema di emergenza sanitario extraospedaliero;
  • Ambulanze deputate alle funzioni di trasporto sanitario e trasporto sanitario semplice;
  • Servizi delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, accreditate o autorizzate;
  • Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Corpo Forestale, Capitanerie di Porto, Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico, ecc;
  • Strutture sanitarie (ambulatori) e territoriali (studi medici, ambulatori dentistici, ecc.).

FACENDO RIFERIMENTO ALLE NORMATIVE REGIONALI, SI SUGGERISCE LA DOTAZIONE DEI DAE PER:

  • Compagnie;
  • Enti;
  • Ditte;
  • Associazioni, ecc. ove vi sia un elevato afflusso di utenti (es.centri commerciali, hotel, ipermercati, centri fitness, stadi, treni e stazioni ferroviarie, ecc.);
  • Istituti scolastici di ogni ordine e grado.

FONDAMENTALE L’INTERVENTO PRECOCE!!!

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“Dopo 10 minuti i danni cerebrali sono irreversibili”. “Ogni minuto che passa dall’inizio dell’arresto cardiaco riduce di circa il -10% le probabilità di successo della scarica elettrica e dopo dieci minuti i danni subiti a livello cerebrale diventano irreversibili”, spiega Bruno Papaleo, (del dipartimento di Medicina del Lavoro dell’ INAIL), che coordina un gruppo di ricerca sulla diffusione della cultura del primo soccorso nei luoghi di lavoro.

Papaleo aggiunge che “L’esito degli infortuni sul lavoro non dipende soltanto dall’entità del danno, ma anche dalla prontezza ed efficacia dei primi soccorsi che possono fare la differenza tra la vita e la morte, tra recupero rapido o prolungato, tra disabilità temporanea o permanente.

Questo vale anche per la morte cardiaca improvvisa, che in molti casi si verifica sul posto di lavoro”.

LE DOMANDE “SCOMODE” CHE UN DATORE DI LAVORO DEVE PORSI…

  • In che modo potrebbe essere percepita in azienda, la perdita di un dipendente a causa di un arresto cardiaco, sapendo che con un dispositivo dal costo equivalente a quello di un elettrodomestico si sarebbe potuto salvare? (Un DAE permette di assistere efficacemente il lavoratore colpito da arresto cardiaco improvviso, facendo passare le probabilità di sopravvivenza da meno del 5% a oltre il 50%. )
  • Quali difficoltà potrebbe comportare in azienda, la perdita di un dipendente con un alto livello di esperienza e professionalità?

Spesso (e purtroppo), i defibrillatori sono presenti solo in quelle aziende nelle quali si è già verificato un evento tragico causato da un arresto cardiaco improvviso.

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ORGANIZZARE IL POSIZIONAMENTO DI UN DAE NELLA PROPRIA AZIENDA 

Dovrebbe fondarsi sulla accurata valutazione delle caratteristiche aziendali, in relazione:

– al numero dei lavoratori occupati;

– alla natura dell’attività;

– ai fattori di rischio nei luoghi di lavoro.

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L’EFFICACIA DEL PRIMO SOCCORSO :

è correlata, infatti, a una serie di fattori che vanno:

  • dall’organizzazione di un piano di soccorso interno;
  • alla formazione dei lavoratori;
  • alla reperibilità ed efficienza dei presidi sanitari;
  • all’attivazione precoce del 118;
  • alla corretta esecuzione delle manovre di rianimazione cardiopolmonare.

I DAE Dovrebbero essere percepiti all’interno di una azienda come “indispensabili” e disponibili quanto i sistemi antincendio (es.estintori).

Perché il DAE in azienda dovrebbe essere posizionato in modo da garantire l’intervento entro cinque minuti, è consigliato soprattutto nelle aree in cui sono presenti apparecchi elettrici, nei luoghi di lavoro all’aperto, dove possono cadere fulmini o si lavora su linee elettriche, nelle zone isolate dove è più difficile far arrivare i soccorsi e nei luoghi di transito o permanenza di molte persone.

Considerando il defibrillatore alla stregua di un sistema antincendio o di un estintore, ossia un dispositivo di vitale importanza in presenza di una situazione critica all’interno dell’azienda.

I FATTORI D RISCHIO NEI LUOGHI DI LAVORO:

I fattori lavorativi che contribuiscono ad aggravare le malattie cardiovascolari sono:

– il contatto con alcune sostanze (come il monossido di carbonio e il piombo);

– l’asfissia da inalazione di gas tossici;

– le condizioni lavorative stressanti;

– l’esposizione al caldo o al freddo estremi;

– lo sforzo fisico eccessivo;

– l’elettrocuzione, che porta alla fibrillazione ventricolare e quindi all’arresto cardiaco;

– una forza lavoro che invecchia, in particolare nelle imprese industriali.

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MISURE DI EMERGENZA NEI LUOGHI DI LAVORO PREVEDENDO L’UTILIZZO DEL DAE IN CASO DI NECESSITA’ PERMETTE di aumentare la sicurezza dei lavoratori:

  • il lavoratore può subire un attacco cardiaco improvviso durante l’orario di lavoro e, nel caso di fibrillazione ventricolare, l’unico intervento utile è la defibrillazione attraverso shock elettrico.

INCREMENTARE LA RETE DI ACCESSO PUBBLICO ALLA DEFIBRILLAZIONE PRECOCE: posizionando il DAE nei luoghi di transito e di permanenza di molte persone come:

  • centri commerciali
  • grandi supermercati
  • aeroporti
  • stazioni
  • impianti sportivi
  • uffici aperti al pubblico
  • scuole

Significa poter intervenire non solo sui lavoratori, ma anche sui visitatori e fruitori delle strutture.

Quali sono i costi di gestione di un DAE e Strategie di risparmio AZIENDALE
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I costi di gestione sono estremamente bassi.

Essi riguardano la sostituzione delle piastre adesive (durata media: 5 anni) e delle batterie al litio, facilmente reperibili nei negozi di elettronica a prezzi contenuti (prezzo medio circa €30).

PER PERMETTERE L’INTERVENTO IN ECONOMIA E QUALITA’ E’ NECCESSARIO:

 Formare il personale addetto: il percorso didattico specifico può essere facilmente integrato con i corsi di formazione per addetti al Primo Soccorso, obbligatori per legge, nei quali è previsto un modulo specifico per l’emergenza e la rianimazione cardiopolmonare (D.M. 388/03).

RENDERE ACCESSIBILE IL DAE: può essere posizionato in qualsiasi luogo di lavoro, in maniera tale da garantire l’intervento entro 5 minuti.

È particolarmente consigliato:

– nelle aree dove sono presenti apparecchi elettrici;

– nei luoghi di lavoro all’aperto, dove possono cadere fulmini o dove si lavora su linee elettriche;

– in zone isolate dove è più difficile far arrivare i soccorsi come impianti di perforazione, cantieri di costruzione, piattaforme marine ecc.;

-luoghi urbani difficilmente raggiungibili dai soccorritori a causa della presenza di traffico, scale, ascensori, scale mobili o una folla di persone

-in luoghi di transito o permanenza di molte persone.

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CHE COS’E’ IL DAE?

è un apparecchio “intelligente” che riconosce la fibrillazione ventricolare e con uno shock elettrico la interrompe. L’apparecchio è in grado di riconoscere il ritmo defibrillabile senza possibilità di errore.

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DEL DAE?

  • devono essere marcati CE come dispositivi medici ai sensi della vigente normativa comunitaria e nazionale (Dir. 93/42/CEE, D.lgs. n.46/97);
  • devono essere resi disponibili all’utilizzatore completi di tutti gli accessori necessari al loro funzionamento, come previsto dal fabbricante;
  • devono essere sottoposti alla manutenzione secondo la periodicità indicata annuale d’uso e nel rispetto delle vigenti normative in materia di apparati elettromedicali;
  • devono essere mantenuti sempre in condizioni di operatività, con batterie aventi carica sufficiente per il funzionamento;
  • deve essere incaricato un referente addetto alla verifica del funzionamento;
  • se posizionati in luoghi aperti al pubblico, si raccomanda di prevedere l’utilizzo di contenitori esterni con meccanismi automatici di segnalazione che si attivano al prelievo del dispositivo con segnalazione immediata alla Centrale Operativa 118;
  • deve essere posizionato in luogo facilmente accessibile e fornito della segnaletica di sicurezza che ne permetta una facile e repentina individuazione;
  • tutti i soggetti presenti devono essere messi  a conoscenza tramite opuscoli e cartellonistica della presenza del DAE;
  • tutti i soggetti, che sono tenuti o che intendono dotarsi di DAE devono darne comunicazione alla Centrale Operativa 118 territorialmente competente, specificando il numero di apparecchi, la specifica del tipo di apparecchio, la loro dislocazione, l’elenco degli esecutori in possesso del relativo attestato.

Ciò al fine di rendere più efficace ed efficiente il suo utilizzo o addirittura disponibile la sua localizzazione mediante  mappe interattive.

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Formazione

  • I corsi di formazione mettono in condizione il personale di utilizzare con sicurezza i DAE e comprendono l’addestramento teorico-pratico alle manovre di BLSD(Basic Life Support and Defibrillation), anche pediatrico quando necessario;
  • i soggetti a cui affidare il ruolo di first responder sono individuati verificando le loro attitudini al ruolo stesso, la loro disponibilità e presenza nell’impianto;
  • la presenza di almeno un soggetto formato deve essere presente durante le gare e gli allenamenti;
  • il numero di soggetti formati è relativo al numero di DAE a disposizione, dove sono posizionati e dal tipo di organizzazione presente;
  • per il personale formato deve essere prevista l’attività di retraining ogni 24 mesi;
  • l’attività di soccorso non rappresenta per il personale formato un obbligo legale che è previsto soltanto per il personale sanitario.

I NUMERI DELL’ARRESTO CARDIACO IN EUROPA

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  • 15%– Percentuale europea di persone che, colpite  da arresto cardiaco, vengono soccorse con la rianimazione cardiopolmonare
  • 70%– Percentuale di arresti cardiaci che avvengono in presenza di altre persone (che potenzialmente potrebbero effettuare una rianimazione cardiopolmonare).
  • 90 – In Europa ogni 90 secondi si registra l’insuccessodi una rianimazione cardiopolmonare perché iniziata  tardi.
  • 1.000– Numero di persone che in Europa muoiono ogni giorno per arresto cardiaco.
  • 60.000– Numero di persone che in Italia, ogni anno, vengono colpite da un arresto cardiaco.
  • 100.000– Persone che potrebbero essere salvate ogni anno in Europa se si riuscisse ad aumentare l’incidenza della rianimazione cardiopolmonare immediata, portandola dall’attuale 15% dei casi al 50-60% dei casi.
  • 400.000– Persone che in Europa ogni anno sono colpite da arresto cardiaco.

Sei pronto? In caso di Emergenza ad abbandonare in fretta e furia la tua Sede Operativa?

Senza titoloNoi soccorritori in generale abbiamo una buona formazione a livello di soccorso alla persona in ambito territoriale, ma….. siamo sicuri di essere realmente pronti ad affrontare un’emergenza “interna” ed eventualmente ad abbandonare la nostra sede Operativa a causa di qualche calamità?

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Faccio una piccola premessa: volutamente salto le emergenze sanitarie visto le nostre “competenze” e mi concentrerò sull’emergenze non sanitarie definendole:

Come qualsiasi condizione critica che si manifesta in conseguenza del verificarsi di un evento, di un fatto od una circostanza (ad esempio un incendio, un terremoto, il rilascio di sostanze nocive, un black out elettrico,ecc..) che determina una situazione potenzialmente pericolosa per la incolumità delle persone e/o dei beni e strutture e che richiede interventi eccezionali ed urgenti per essere gestita e riportata alla normalità. 
Le emergenze possono derivare da “comportamenti umani” (attentati, errori, negligenze, violazioni,ecc..), da avarie o guasti di macchine, apparecchiature od impianti, da eventi di natura tecnica (corto circuito, esplosione, innesco,ecc…) o come conseguenza di eventi naturali (terremoti, alluvioni, fulmini,ecc…).

Origini scatenanti delle emergenze (Macroaree)

  • Eventi Tecnici
  • Avarie
  • Guasti
  • Eventi naturali

  • Comportamento umano

Quali eventi, quali azioni?

  • Emergenza sanitaria
  • Incendio
  • Black out elettrico
  • Guasto tecnico
  • Allagamento
  • Esplosione
  • Attentato, furto, rapina, minacce, ecc.
  • Fuga di gas
  • Terremoto

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QUALI SONO I LUOGHI SICURI? IN CASO DI: (Schema di massima non completo)

ALLAGAMENTO: Locali o aree non interessate dall’allagamento di solito posti ai piani alti di un edificio o comunque al di sopra del piano di campagna (se siamo per strada).

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INCENDIO: Luogo esterno all’edificio ad adeguata distanza dallo stesso.

Un compartimento antincendio è una parte dell’edificio all’interno della quale si è al riparo dagli effetti prodotti dall’incendio per un determinato periodo di tempo (30 – 120 minuti a seconda del modello).

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ESPLOSIONE: Luogo ad adeguata distanza da quello in cui si è verificato l’evento ove non ci siano pericoli di crollo.

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TERREMOTO: Luogo esterno ad adeguata distanza da edifici o strutture che potrebbero cadere (alberi, linee elettriche, cornicioni, ecc …).

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  RILASCIO DI SOSTANZE PERICOLOSE: Luogo ad adeguata distanza da quello in cui si è verificato l’evento in cui si è al riparo per la sua tenuta ermetica rispetto alla nube.

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ALLARME BOMBA/ATTENTATO: Luogo esterno ad adeguata distanza dall’edificio o da altre strutture che potrebbero essere interessate dallo scoppio.

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Siamo esseri UMANI ma:

  • RICORDIAMOCI CHE IL PANICO : Non ci aiuta, anzi ci blocca, non riusciamo a pensare e di conseguenza ad agire… IN TEMPO UTILE….

Alla fine di evitare di andare in panico o semplicemente non sapere precisamente cosa fare dobbiamo essere: informati, formati ed addestrati fissando questi punti:

  1. FASE Formazione ed addestramento del personale e degli Addetti alla Gestione delle Emergenze per verificare l’organizzazione del sistema e per trasmettere al personale le abilità necessarie ai fini della sicurezza e salute.
  2. ATTUAZIONE della normativa di riferimento (in via di modifica):di cui alla Sezione VI del D.Lgs. 81/2008 e all’Allegato VII punto 7.4 del D.M. 10/03/1998 e formazione ai sensi dell’art. 43 ecc..
  3. FORMAZIONE del personale attraverso i seguenti argomenti:
  • Piano di Gestione delle Emergenze: organizzazione e gestione della sicurezza e delle emergenze;
  • compiti degli Addetti alla Gestione Emergenze;
  • natura dei rischi in relazione all’incendio all’esplosione, alle calamità naturali;
  • condizioni di pericolo grave ed immediato;
  • ordine e modalità di evacuazione in caso di pericolo grave ed immediato;
  • punti di raccolta;
  • istruzioni di sicurezza ed operative in caso di incendio, di infortunio, di calamità naturale;
  • segnaletica di emergenza;
  • controlli periodici e sorveglianza ai fini antincendio e di primo soccorso.
  1. SOPRALLUOGO E PROVA DI EVACUAZIONE:

Addestramento

È stato effettuato un sopralluogo negli ambienti di lavoro percorrendo le vie di esodo fino a raggiungere il punto di raccolta prendendo visione dello stato dei luoghi e dei dispositivi e degli impianti di sicurezza.

IL PERSONALE HA SEGUITO IL PIANO DI EMERGENZA? (esempio non esaustivo dei compiti in caso di emergenza)

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COORDINATORE DELLE EMERGENZE (Presidente/Direttore della struttura)

  • Ricevuta la segnalazione di “inizio emergenza” il Coordinatore dell’Emergenza attiva gli altri componenti della squadra e si reca sul posto segnalato.
  • Valuta la situazione di emergenza e di conseguenza la necessità di evacuare l’edificio, attuando la procedura d’emergenza prestabilita.
  • Dà ordine agli addetti di disattivare gli impianti di piano o generali.
  • Dà il segnale di evacuazione generale e ordina all’addetto di chiamare i mezzi di soccorso necessari.
  • Sovrintende a tutte le operazioni sia della squadra di emergenza interna che degli enti di soccorso.
  • Dà il segnale di fine emergenza
  • In caso di smarrimento di qualsiasi persona, prende tutte le informazioni necessarie e le comunica 
alle squadre di soccorso esterne, al fine della loro ricerca.

N.B. Nel caso in cui il Coordinatore dell’emergenza non sia il Presidente, quest’ultimo deve essere reperibile tramite un cellulare di servizio per le comunicazioni d’emergenza sempre attivo per essere il punto di riferimento per tutte le informazioni provenienti dal Coordinatore e dai responsabili dei punti di raccolta.

RESPONSABILE CHIAMATA DI SOCCORSO 
(Centralinista/Soccorritore designato)

All’ordine di evacuazione dell’edificio:

  • Attende l’avviso dei Coordinatore dell’emergenza per effettuare la chiamata dei mezzi di soccorso 
seguendo le procedure previste.
  • Si dirige verso l’area di raccolta seguendo l’itinerario prestabilito dalle planimetrie di piano

RESPONSABILE ATTIVAZIONE ALLARMI 
(Centralinista/Soccorritore designato)

Alla comunicazione dell’emergenza o di una simulazione di emergenza:

  • Attiva l’allarme di emergenza (sirena, se presente, campanella intermittente, o a voce)

Alla comunicazione dell’evacuazione:

  • Attiva l’allarme di evacuazione (tromba da stadio, o a voce)

N.B. è responsabile del controllo e del funzionamento degli apparati di allarme.

RESPONSABILI DELL’AREA DI RACCOLTA 
(Capi Turno/Soccorritore designato)

All’ordine di evacuazione dell’edificio:

  • si dirigono verso il punto di raccolta percorrendo l’itinerario previsto dalle planimetrie di piano
  • acquisiscono dal segretario/soccorritore di ogni piano, la presenza dei visitatori e personale della struttura e la trascrivono nell’apposito modulo (nel caso qualche persona non risulti alla verifica, prendono tutte le informazioni necessarie 
e le trasmettono al Coordinatore delle emergenze)
  • comunicano al Coordinatore la presenza complessiva del personale in servizio;
  • effettuano l’evacuazione della classe, come previsto dalla procedura d’emergenza
  • arrivati all’area di raccolta, acquisiscono, dal segetario/soccorritore di ogni piano, la presenza dei loro studenti e la 
trascrivono nell’apposito modulo (nel caso qualche persona non risulti alla verifica, prendono tutte le informazioni necessarie e le trasmettono al Capo d’istituto)

RESPONSABILE DELL’EVACUAZIONE CENTRO DI FORMAZIONE AULA DIDATTICA (Istruttore/soccorritore designato alla formazione)

  • All’insorgere di una emergenza.
  • Contribuisce a mantenere la calma in tutta la classe in attesa che venga comunicato il motivo 
dell’emergenza.
  • Si attiene alle procedure corrispondenti al tipo di emergenza che è stato segnalato.

All’ordine di evacuazione dell’edificio:

  • Fa uscire ordinatamente i corsisti iniziando dalla fila più vicina alla porta
  • gli studenti 
procederanno in fila indiana senza spingersi e senza correre
  • un corsista assume la funzione di “apri-fila” e un altro quella di “chiudi-fila”.
  • Prende il registro delle presenze, con gli studenti si reca all’area di raccolta e fa l’appello per compilare l’apposito modulo allegato al registro presenze in aula.

RESPONSABILE DI PIANO (Segretario/Soccorritore designato)

All’insorgere di una emergenza:

  • individua la fonte del pericolo, ne valuta l’entità e, se lo ritiene opportuno, suona la campanella di 
”inizio emergenza” .
  • Avverte immediatamente il Coordinatore dell’emergenza e si attiene alle disposizioni impartite.

All’ordine di evacuazione dell’edificio:

  • Toglie la tensione elettrica al piano agendo sull’interruttore nonché chiude la valvola di 
intercettazione dei gas.
  • Se è addetto alla portineria apre i cancelli, li lascia aperti fino al termine dell’emergenza ed 
impedisce l’ingresso agli estranei;
  • favorisce il deflusso ordinato dal piano (eventualmente aprendo le porte di uscita contrarie al verso 
dell’esodo);
  • Vieta l’uso delle scale, degli ascensori e dei percorsi non di sicurezza
  • Al termine dell’evacuazione del piano, si dirige verso l’area di raccolta esterna.

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N.B. Il piano di emergenza può cambiare da molte variabili, quali il numero del personale in servizio le dimensioni della struttura l’uso e destinazione della stessa.

La Prova a Cosa serve?

A verificare le aree deboli del “piano” di emergenza, ecco alcuni punti da verificare durante l’esercitazione.

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  1. I presidi antincendio, di segnalazione, allarme, di spegnimento sono in perfetto stato di efficienza?
  2. La segnaletica relativa ai presidi ed alle emergenze è completa e conforme (primo soccorso, evacuazione, mezzi antincendio)?
  3. I percorsi delle vie di esodo sono liberi da materiali, arredi, ostacoli?
  4. Le porte di uscita di sicurezza sono facilmente ed agevolmente apribili?
  5. L’illuminazione di emergenza è adeguata ed efficiente?
  • Durante la prova di evacuazione l’illuminazione di emergenza ha funzionato per minuti?
  1. Le manutenzioni ed i controlli
 sono effettuati ogni 6 mesi e riguardano tutti i presidi di sicurezza ed emergenza?
  • Idranti
  • Estintori
  • Rilevatori incendio
  • Porte antincendio
  • Maniglioni antipanico
  • Allarme acustico di emergenza
  • Illuminazione di emergenza
  • Gruppo elettrogeno
  1. Il registro dei controlli è regolarmente compilato in tutte le sue parti?
  2. Le manutenzioni ed i controlli sono appaltati a?
  3. L’illuminazione naturale/artificiale è sufficiente anche in condizioni di emergenza?
  4. Il segnale di allarme è facilmente percepibile da tutto il personale in tutti i luoghi di lavoro
  5. I presidi sanitari di primo soccorso sono segnalati, sono controllati ogni 6 mesi a cura di
  6. Il piano di emergenze (estratto) e le planimetrie per l’esodo sono pubblicizzati (affissi)?
  • Il Piano di Gestione delle Emergenze è stato consegnato in copia a tutti gli AGE con l’evidenza dei compiti assegnati a ciascun membro?
  1. Il personale (neoassunti, visitatori, terzi) viene informato sulle istruzioni di emergenza adottate?
  2. Sono noti al personale i nominativi del personale designato Addetto Gestione Emergenze (AGE)?
  3. La prova di evacuazione si è svolta in modo ordinato?
  • Tutte le persone presenti hanno raggiunto il punto di raccolta?
  • Presso il punto di raccolta è stato fatto l’appello?
  • Il personale AGE ha svolto correttamente i compiti assegnati nel Piano di Gestione delle Emergenze?
  1. I preposti hanno collaborato attivamente per la riuscita 
dell’esercitazione?
  2. Nell’Evacuazione
il Tempo impiegato era di?… (
espresso in secondi)
  3. Esercitazione
L’esercitazione si è svolta in modo regolare ed ordinato?
  • Quali sono le nostre osservazioni?
  1. Materiale didattico Consultato dal docente/responsabile dell’esercitazione:
  • Piano Gestione Emergenze e planimetrie?
  • Valutazione del Rischio di Incendio e di Esplosione?
  1. I Partecipanti all’esercitazione, quali sono le loro difficoltà incontrate durante l’evacuazione?

RICORDIAMOCI CHE : Le esercitazioni devono essere verosimili, e tendere il più possibile alla simulazione della realtà e degli scenari pianificati.

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Il Piano di emergenza deve essere interpretato come uno strumento efficace e dinamico, deve prevedere: la pianificazione di esercitazioni, l’adeguata modalità di coinvolgimento delle strutture interessate (comprese le sezioni e del personale in toto), l’analisi sistematica dei risultati dell’esercitazione, l’aggiornamento periodico del piano stesso

CONSIDERAZIONI: Almeno una volta all’anno è necessario fare la “prova di evacuazione” coinvolgendo tutto il personale dipendente e volontario, se si lavora a turni è consigliabile fare le prove ripetendole in fasce orarie differenti per consentire l’addestramento di tutto il personale.

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Ferite da Taglio o Punta nel Settore Ospedaliero e Soccorso Sanitario (cosa dice la normativa, come prevenirle, nuovi materiali e tecniche per la sicurezza).

Il Decreto Legislativo n.19 del 19 febbraio 2014 introduce il nuovo TITOLO X-BIS del D.Lgs.81/08.

Il tema trattato è la prevenzione di ferite da taglio o punta nel settore ospedaliero e sanitario.

 A CHI SI RIFERISCE: a tutti i lavoratori a prescindere dalla tipologia contrattuale, compresi i tirocinanti, apprendisti, lavoratori tempo determinato, lavoratori somministrati, studenti, volontari e soccorritori.

 PERCHE’ DOBBIAMO PREOCCUPARCI: Si stima che in Italia avvengano circa 130.000 infortuni l’anno, infortuni che comportano un’esposizione al sangue o ad altre sostanze biologiche potenzialmente infette (le sole esposizioni percutanee sarebbero circa 100.000).
Secondo i diversi modelli, ogni anno si verificano da 1 a 7 punture per 10 operatori.

Un’indagine condotta dalla Associazione Italiana dei Responsabili dei Servizi Prevenzione e Protezione in ambito sanitario (AIRESPSA) ha evidenziato che le esposizioni a rischio biologico negli operatori sanitari sono molto frequenti e rappresentano circa il 40% di tutti gli infortuni segnalati.

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QUALI SONO LE MISURE DI TUTELA PER IL PERSONALE E I SOCCORRITORI CHE DEVE GARANTIRE IL DATORE DI LAVORO:

– Adeguata formazione (prima dell’assunzione del personale (soccorritori, autisti soccorritori, infermieri, ecc..) e/o durante i corsi di reclutamento volontari (consigliabile: chiamare un RSPP docente esperto in materia)

– Fornite idonee dotazioni per operare in condizioni di sicurezza tali da evitare il rischio di ferite e infezioni provocate da dispositivi medici taglienti

– Adozione di misure idonee a eliminare o contenere al massimo il rischio di ferite ed infezioni sul lavoro

– Favorire la partecipazione attiva dei lavoratori

Non supporre mai inesistente il rischio

– Sensibilizzazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (RLS)

– Pianificazione di iniziative di prevenzione, sensibilizzazione, informazione e formazione e monitoraggio

– Promozione della segnalazione di infortuni per permettere l’individuazione delle condizioni sistematiche.

 VALUTAZIONE DEI RISCHI: La valutazione del rischio di ferite e infezioni è ricompresa nella valutazione dei rischi (VDR) di cui all’art.17 D.Lgs.81/08, (recepite dall’art. 3 e 6 della Direttiva 2000/54/CE e degli art. 6 e 9 della Direttiva 89/391/CEE) con determinazione del livello di rischio;

individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali riguardanti le condizioni lavorative, il livello delle qualificazioni professionali, i fattori psicosociali legati al lavoro e l’influenza dei fattori connessi con l’ambiente di lavoro.

MISURE DI PREVENZIONE SPECIFICHE: Qualora la valutazione determini una esposizione al rischio (nel nostro caso specifico sempre presente..), il datore di lavoro deve adottare le seguenti misure atte ad eliminarlo o contenerlo al minimo, tra cui la definizione di procedure (protocolli operativi) sull’utilizzo e sullo smaltimento, eliminazione dell’uso oggetti taglienti se non strettamente necessari, uso di dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione, divieto della pratica del re-incappucciamento manuale degli aghi in assenza di dispositivi di sicurezza, sorveglianza sanitaria, formazione, informazione, procedure di soccorso in caso di ferimento.

In caso di mancata effettuazione della valutazione dei rischi il decreto determina ammende per il datore di lavoro che vanno dall’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.740 euro a 7.014,40 euro.

In caso di mancata adozione delle misure di prevenzione specifiche il decreto determina ammende per il datore di lavoro e i dirigenti che vanno dall’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.740 euro a 7.014,40 euro.

(Provvedimento in vigore dal 25 marzo 2014).

GESTIRE IL RISCHIO BIOLOGICO: La valutazione del rischio biologico, non si deve mai presumere inesistente un rischio, anche in assenza di eventi infortunistici, ma considerare i fattori condizionanti il rischio stesso..

Quali:

-
l’individuazione degli operatori esposti o potenzialmente esposti (nel nostro caso tutti)

-le condizioni di esercizio delle attività clinico/assistenziali (taxi sanitario, dimissioni, assistenze sportive, emergenza sanitaria)

-la tipologia di pazienti assistiti

-le possibili modalità di trasmissione dell’agente patogeno (via aerea, tramite fluidi, materiali contaminati)

-l’ambiente di lavoro (vano sanitario, case, strade, aree urbane ed extraurbane, zone rurali, tipologie del territorio)

-l’organizzazione del lavoro (orari e turni, ordini di servizio)

-le modalità di eliminazione e smaltimento dei rifiuti (protocolli operativi)

Nella scelta dei dispositivi è opportuno che la dirigenza operi congiuntamente ai soggetti incaricati alla loro acquisizione (ad esempio ufficio economato, farmacia, ecc.), che coinvolga il Servizio di Prevenzione e Protezione e il Medico Competente, la componente clinico assistenziale medico infermieristica e dei soccorritori, direttamente o tramite i loro Rappresentanti per la Sicurezza (RLS).

LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO NEL SETTORE OSPEDALIERO E SANITARIO: Fermo restando che l’adozione di aghi e taglienti a scomparsa o protetti è la migliore soluzione tecnica mediante cui prevenire le ferite da taglio o le punture, si sottolinea che la sostituzione con dispositivi sicuri non è, da sola, garanzia di risultato.

Nel trattamento-stabilizzazione e trasporto del paziente a mezzo dei veicoli di soccorso sanitario sono molteplici le tipologie dei dispositivi in uso, correlate al tipo di attività diagnostico-terapeutiche esercitate, rendono necessaria un’attenta valutazione del rischio specifico al fine di definire un piano di intervento la cui programmazione e attuazione si basi su un ordine di priorità, in applicazione dei principi gerarchici di:

–  ELIMINAZIONE (del rischio)
;

–  SOSTITUZIONE (di ciò che è pericoloso con ciò che lo è meno);

–  RIDUZIONE al minimo (del rischio);

–  CONTROLLO e gestione (del rischio residuo).

Con riferimento alle ferite da taglio o da punta e in uniformità con l’Organizzazione Mondiale della 
Sanità (OMS), l’associazione/azienda dovrà intraprendere le seguenti azioni specifiche:

ELIMINAZIONE di prassi operative comportanti l’uso di oggetti taglienti o acuminati al fine di una loro  sostituzione, ove possibile;

EFFETTUAZIONE di controlli tecnici per l’adozione di dispositivi muniti di meccanismi di protezione e di sicurezza;

ADOZIONE di sistemi di lavoro sicuri definendo ed attuando procedure per l’utilizzo e lo smaltimento, in sicurezza, dei dispositivi acuminati o taglienti;

REVISIONE periodica delle prassi operative, a garanzia di un completo aggiornamento dell’informazione e della formazione dei lavoratori;

MONITORAGGIO degli operatori esposti e dell’incidenza infortunistica successivo all’introduzione dei dispositivi sicuri.

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LA MATRICE E ANALISI DI VALUTAZIONE DEI RISCHI: Rif. Prof Dr A Wittman, Università di Heidelberg, Germania. Maggio 2011

La Direttiva 2010/32/UE dispone che in tutte le attività in cui sono utilizzati dispositivi medici taglienti o acuminati vengano effettuate valutazioni formali dei rischi, e che ovunque ci sia un rischio di ferita o d’infezione questo deve essere eliminato per mezzo di corsi di formazione, il miglioramento delle pratiche di lavoro e l’introduzione di dispositivi medici dotati di meccanismi di sicurezza.

La tabella che segue riassume i rischi di esposizione al sangue relativi all’uso dei diversi tipi di dispositivi medici.

RISCHIO PER TIPO DI DISPOSITIVO: I criteri più adeguati per valutare i rischi per la sicurezza associati ai diversi tipi di dispositivi sembrerebbe essere una combinazione fra la probabilità della presenza di sangue sufficiente a causare una grave infezione e la frequenza tipica di lesioni per quel tipo di dispositivo. Una matrice di analisi dei rischi funge da strumento pratico e semplice per determinare le opportune misure preventive.

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Azioni preventive necessarie:

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I REQUISITI TECNICI DEI DISPOSITIVI : La Food and Drug Administration (FDA) suggerisce, per proteggere efficacemente il lavoratore, che:

–  il dispositivo determini una barriera tra le mani e l’ago dopo l’impiego;

–  la forma del dispositivo costringa l’operatore a mantenere la posizione delle mani sempre 
posteriormente rispetto alla punta dell’ago;

–  il sistema di sicurezza sia parte integrante del dispositivo;

–  il dispositivo garantisca la protezione dell’operatore dopo l’impiego e comunque abbia una 
confezione che impedisce l’incidente al momento dell’apertura della confezione stessa;

–  il dispositivo sia di facile impiego e richieda solo un breve periodo di addestramento.

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Le Linee guida 2011 SIMLII (Società italiana di medicina del lavoro e igiene industriale), riprese dal documento di indirizzo tecnico ISPESL-INAIL, Dipartimento di Igiene del Lavoro, indicano che per i dispositivi muniti di ago, indipendentemente dalle soluzioni tecnologiche utilizzate (es. schermatura manuale o automatica dell’ago, retrazione manuale o automatica dell’ago), l’efficacia del dispositivo di sicurezza è direttamente proporzionale alla capacità del dispositivo stesso di soddisfare, in massimo numero e grado, le seguenti caratteristiche:

– Attivazione automatica (protezione passiva) o possibilità di attivazione con una sola mano;

– Posizione delle mani dell’Operatore sempre arretrata rispetto alla parte acuminata/tagliente del dispositivo;

– Modalità di attivazione il più precoce possibile (es. all’uscita dell’ago dalla cute, in vena);

– Attivazione agevole ed intuitiva;

– Barriera protettiva efficace, permanente ed irreversibile tra la parte acuminata/tagliante del 
dispositivo stesso e le mani dell’Operatore, creata dal meccanismo di sicurezza;

– Barriera protettiva con effetto permanente anche durante le manovre di eliminazione e smaltimento 
del dispositivo;

– Dispositivo dotato di un segnale (udibile e/o visibile) che consente di verificare l’avvenuta attivazione 
del meccanismo di sicurezza;

– Meccanismo di sicurezza parte integrante e non accessoria del dispositivo (in particolare è 
importante che il meccanismo di sicurezza sia integrato in modo permanente nel dispositivo stesso e 
che non siano, conseguentemente, necessarie manovre di assemblaggio di parti separate);

–  Tecnica di utilizzo del dispositivo il più possibile simile a quella di un corrispondente dispositivo convenzionale (in particolare non deve comportare significative variazioni della tecnica operativa abituale e non deve richiedere un addestramento all’uso lungo e complesso);

– Dispositivo disponibile in una gamma di versioni tale da favorirne l’uso nel maggior numero possibile 
di situazioni operative;

– Dispositivo non utilizzabile in modo scorretto e/o parziale;

– Dispositivo il cui uso non comprometta la qualità, l’efficacia e la sicurezza dell’intervento diagnostico- terapeutico.

Il grado di rispondenza ai criteri elencati è strumento/riferimento imprescindibile per una corretta valutazione/selezione dei dispositivi di sicurezza per la prevenzione della puntura accidentale.
Inoltre, tra i criteri di scelta dei singoli dispositivi occorre considerare le seguenti peculiarità:

–  efficacia clinica;

–  accettabilità da parte dei lavoratori;

–  riduzione sensibile del numero di punture accidentali in quella specifica attività; 
nonché verificare che lo stesso non costituisca ostacolo alla cura del paziente.

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COME POSSIAMO VALUTARE I DISPOSITIVI IN COMMERCIO?

ISTITUIRE: un team multidisciplinare, che includa i lavoratori/soccorritori, per sviluppare un piano per ridurre le punture accidentali e valutare i dispositivi dotati di meccanismi di sicurezza.

IDENTIFICARE: le priorità basandosi sulle modalità delle punture accidentali accadute e valutando le casistiche locali e nazionali degli incidenti.

PRIORITA’ MASSIMA: alla sostituzione dei dispositivi che rivestono un ruolo importante nella trasmissione delle infezioni (ad esempio: aghi cavi utilizzati per accessi venosi ed arteriosi). Identificare correttamente le modalità di utilizzo e le caratteristiche che influenzano la sicurezza, l’efficienza e l’accettabilità, da parte dell’utilizzatore, di un dispositivo sicuro, consultando pubblicazioni scientifiche sulle performances del prodotto.

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VALUTARE IL PRODOTTO IN PROFONDITA’, dobbiamo :

  • CONSIDERARE: le modalità di addestramento degli utilizzatori ad un corretto utilizzo del dispositivo
  • STABILIRE: chiari criteri di valutazione sia verso la sicurezza dell’utilizzatore, sia verso il paziente
  • RACCOGLIERE: le informazioni di ritorno, per identificare i problemi ed avviare eventuali valutazioni addizionali.
  • MONITORARE: l’utilizzo del nuovo dispositivo per determinare l’eventualità di un ulteriore addestramento, sollecitare le valutazioni degli utilizzatori (utilizzando ad esempio una cassetta per i suggerimenti) ed identificare eventuali effetti indesiderati sulla salute del paziente.

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  • CONTINUA SENSIBILIZZAZIONE-INFORMAZIONE-FORMAZIONE E ADDESTRAMENTO: Tali azioni hanno l’obiettivo di:
  • –  evidenziare i rischi connessi alla manipolazione di oggetti taglienti/appuntiti;
  • –  fornire elementi conoscitivi normativi;
  • –  promuovere buone prassi e sistemi di lavoro sicuri per la prevenzione di ferite da              punta;
  • –  sensibilizzare circa l’importanza di registrazione delle ferite da punta;

– coinvolgere gli operatori in attività informative e di predisposizione del materiale promozionale;

– informare gli operatori sui vantaggi e sugli inconvenienti della vaccinazione/non vaccinazione.

Un’esauriente e continua formazione degli operatori è di fondamentale importanza per l’uso appropriato dei dispositivi acuminati o taglienti.

L’esperienza dimostra che quando la formazione viene debitamente erogata conseguono pratiche di lavoro più sicure e l’adozione delle misure di sicurezza è di gran lunga più efficace.

APPOSITA FORMAZIONE PER IL PERSONALE DI NUOVA ASSUNZIONE: dovranno sviluppare i seguenti argomenti:

  1. l’uso corretto di dispositivi medici taglienti dotati di meccanismi di protezione
  2. la gestione dei rischi associati all’esposizione al sangue e ai liquidi organici
  3. le misure di prevenzione, norme di precauzione, sistemi di lavoro sicuri, corrette procedure di uso 
e smaltimento (incluso il divieto della pratica del re-incappucciamento), importanza dell’immunizzazione, conformemente alle procedure in vigore sul luogo di lavoro
  4. le procedure di notifica, di risposta e di monitoraggio e la loro importanza
  5. le misure da adottare in caso di ferite

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ELENCO NON COMPLETO DEI DISPOSITIVI MEDICI A CUI SI APPLICA LA DIRETTIVA UE 2010/32/UE

  • – Dispositivi per il prelievo di sangue
  • –  Catetere endovenoso
  • –  Cateteri subcutanei
  • Dispositivi per:
    • –  Iniezioni intradermiche
    • –  Iniezioni ipodermiche
    • –  Iniezioni intramuscolari
    • –  Iniezioni endovenose
    • –  Iniezioni arteriose
    • –  Campionamento di gas ematici arteriosi
    • –  Accesso a fistole artero-venose
    • –  Accesso alla camera d’impianto
    • –  Accesso alla pompa di infusione
    • –  Cura delle ferite e della pelle
    • –  Ricostituzione della medicazione
    • –  Miscelazione di sostanze chemioterapiche
    • –  Somministrazione di radionuclidi
  • –  Lancette
  • –  Bisturi
  • –  Suture e dispositivi di cucitura
  • –  Iniettori a penna

IL
RIESAME DEL SISTEMA: E’ necessario condurre un’indagine puntuale sugli eventi avvenuti e relativa dinamica, in conformità con il seguente schema di analisi delle cause

  • –  difetto nel disegno del dispositivo
  • –  difetto produttivo
  • –  errore nell’impiego (fallimento nell’attivazione del dispositivo di sicurezza, attivazione impropria)
  • –  altre eventualità (ad esempio movimento imprevisto del paziente).

Il riesame del sistema consente all’associazione/azienda di ottenere gli elementi quantitativi e qualitativi utili al monitoraggio nel tempo del funzionamento del sistema in relazione agli obiettivi aziendali generali e al riesame di adeguatezza dei medesimi e alla sicurezza dei soccorritori che ne fanno uso.

L’Operatore di C.O. e la sua sicurezza… un fattore tutt’altro che trascurabile

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Perché il lavoro in centrale può diventare un problema?

Più sono i fattori di disturbo presenti sul posto e nell’ambiente di lavoro, più aumenta lo stress.

Possono costituire un problema fattori come:

  • microclima non favorevole
  • illuminazione inadeguata
  • rumore
  • anche difetti di vista non adeguatamente corretti ed elementi di natura psico/fisica.

Il lavoro, inoltre, viene svolto prevalentemente stando seduti e la tensione statica della muscolatura favorisce l’insorgere di vari disturbi, specie se si assumono posture forzate a causa di postazioni di lavoro non disposte in maniera corretta.

Si tratta quasi sempre di problemi muscolari e alla schiena di natura cronica, che eventuali tensioni psicologiche possono ulteriormente incrementare.

L’articolo 63 del Testo Unico (T.U.), prevede che i luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV del medesimo T.U. che, al punto 1.9. si occupa proprio del microclima prevedendo che “nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando ciò non sia possibile, con impianti di areazione.

1.9.1.2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.

1.9.1.3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell’aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d’aria fastidiosa.

1.9.1.4. Gli stessi impianti devono essere periodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori.

1.9.1.5. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata deve essere eliminato rapidamente.

IL MICROCLIMA

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Sono 4 i fattori che compongono il microclima e sono:

  • la temperatura (che si misura in gradi centigradi: °C)
  • l’umidità relativa (UR %: quantità di vapore acqueo presente nell’ambiente, che aumenta con l’aumentare della temperatura)
  • l’irraggiamento termico (quantità di calore che si trasmette da corpo a corpo per mezzo di onde elettromagnetiche)
  • la velocità dell’aria (che favorisce il raffreddamento del corpo).

Quando in un ambiente c’è troppa umidità, la tolleranza al calore diventa estremamente limitata perché l’organismo non riesce a disperdere il calore assorbito e quindi ad abbassare la temperatura grazie all’evaporazione. Diciamo che il livello ottimale di umidità per il nostro organismo si trova tra valori pari al 40 e il 60% e ad una temperatura fra i 19° e i 24°C.

Gli effetti negativi si vedranno a “lunga scadenza”, sotto forma di sindromi artrosiche, inabilità temporanee o permanenti, allergie, infezioni. Ha sicuramente un ruolo decisivo il tipo di abbigliamento indossato, che si tratti degli indumenti obbligatori o consigliati da utilizzare in centrale operativa.

Si dovrebbe calcolare anche alle differenze verticali oltre che a quelle orizzontali della temperatura, perché i piedi dovrebbero stare più al caldo della testa: un fattore di non poco conto per rendere confortevole il lavoro. È anche per questo motivo che i locali di lavoro dovrebbero avere circa 3 metri di altezza (sono sconsigliabili i locali troppo alti o troppo bassi).

È molto importante il ricambio dell’aria: l’aria confinata subisce alterazioni di ordine fisico, chimico e biologico dovute sia al tipo di lavorazioni sia alla biologia dell’organismo umano. Si accumuleranno così nell’ambiente da una parte polveri, gas, fumi, microrganismi, sostanze organiche volatili, e dall’altra odori sgradevoli, residui organici (forfora, peli) e vere e proprie tossine biologiche e veleni chimici. Teniamo presente che ognuno di noi consuma circa 250-300 millilitri di ossigeno all’ora per ogni chilogrammo di peso corporeo, ed elimina altrettanto volume di anidride carbonica, oltre a 30-40 grammi di vapore acqueo: è bene quindi che i locali di lavoro dispongano per ogni persona di almeno 10 mc di aria respirabile e rinnovata.

I ricambi d’aria dovrebbero avvenire almeno una volta ogni ora, e con maggior frequenza fino a 15 volte all’ora.

Una vera e propria rivoluzione per la salubrità ambientale sono i condizionatori e, meglio ancora, i climatizzatori: se realizzati e installati bene ottimizzano tutti i fattori microclimatici (temperatura, umidità, movimento e purezza dell’aria) dando vita ad ambienti con temperatura fra i 22° e i 23°, umidità relativa tra il 40% e il 60%, velocità dell’aria di circa 0,30 metri al secondo ed un abbattimento degli inquinanti nella misura di almeno il 70% in volume.

IL LAVORO AL VIDEOTERMINALE (VDT)

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Come riportato nel titolo VII del D.Lgs. 81/08, un videoterminale è uno schermo alfanumerico o grafico che prescinde dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato.

Viene considerato videoterminalista un lavoratore che utilizza l’attrezzatura munita di VDT in modo sistematico e abituale per 20 ore settimanali in poi.

Il “luogo di lavoro” è l’insieme delle attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera e/o con altro sistema di immissione dati (incluso il mouse), il software per l’interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l’unità a dischi, il telefono, apparato radio, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante.

PREVENZIONE E PROTEZIONE

Gli agenti fisici che possono provocare malessere nel lavoro al computer sono i campi elettromagnetici deboli (CED), il contrasto di luminanza, i fattori che hanno a che fare con l’ergonomia (postura).

Gli effetti più frequenti sono mal di testa, capogiri, vertigini, alterazione del comportamento e dell’umore, danni alla vista, affaticamento fisico e mentale e persino alterazioni ormonali.

Nello svolgimento quotidiano del lavoro, sono previste pause o cambiamenti di attività (in assenza di una disposizione contrattuale in materia, è prevista una pausa di almeno 15 minuti ogni 120 minuti di applicazione continua), che possono anche essere stabilite temporaneamente a livello individuale, se il medico competente (MC) ne ravvisa la necessità. Ad ogni modo, le interruzioni non possono essere cumulate ad inizio e fine dell’orario lavorativo. 


SORVEGLIANZA SANITARIA

Consiste in una visita medica preventiva alla quale sono sottoposti i lavoratori prima di essere addetti alla attività al videoterminale, con particolare riferimento ai rischi per la vista e per gli occhi e a quelli per l’apparato muscolo – scheletrico. Successivamente, vanno eseguite visite mediche ogni due anni (per i lavoratori risultati idonei con prescrizioni e per coloro che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età). Mentre negli altri casi la periodicità è 
quinquennale.

INFORMAZIONE E FORMAZIONE

Informare e formare i lavoratori su come si svolge l’attività, sulla protezione degli occhi e della vista, sulle misure applicabili al posto di lavoro, sui cambiamenti tecnologici che comportano nell’organizzazione del lavoro le postazioni munite di videoterminali.

“ALLEGATO XXXIV” traccia i requisiti minimi per l’ambiente nel quale dovrebbe svolgersi il lavoro con uso sistematico dei videoterminali:

SCHERMO

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  • La risoluzione dello schermo deve essere tale da garantire una buona definizione, una forma chiara, una grandezza sufficiente dei caratteri e, inoltre, uno spazio adeguato tra essi.
  • L’immagine sullo schermo deve essere stabile, esente da farfallamento, tremolio o da altre forme di instabilità.
  • La brillanza e/o il contrasto di luminanza tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell’utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali.
  • Lo schermo deve essere orientabile ed inclinabile liberamente per adeguarsi facilmente alle esigenze dell’utilizzatore.
  • È possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile.
  • Sullo schermo non devono essere presenti riflessi e riverberi che possano causare disturbi all’utilizzatore durante lo svolgimento della propria attività.
  • Lo schermo deve essere posizionato di fronte all’operatore in maniera che, anche agendo su eventuali meccanismi di regolazione, lo spigolo superiore dello schermo sia posto un’pò più in basso dell’orizzontale che passa per gli occhi dell’operatore e ad una distanza degli occhi pari a circa 50-70 cm, per i posti di lavoro in cui va assunta preferenzialmente la posizione seduta.

TASTIERA

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  • La tastiera deve essere separata dallo schermo e facilmente regolabile e dotata di meccanismo di variazione della pendenza onde consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l’affaticamento delle braccia e delle mani.
  • Lo spazio sul piano di lavoro deve consentire un appoggio degli avambracci davanti alla tastiera nel corso della digitazione, tenendo conto delle caratteristiche antropometriche dell’operatore.
  • La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi.
  • La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono agevolarne l’uso. I simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro.
  • Il mouse o qualsiasi dispositivo di puntamento in dotazione alla postazione di lavoro deve essere posto sullo stesso piano della tastiera, in posizione facilmente raggiungibile e disporre di uno spazio adeguato per il suo uso.

PIANO DI LAVORO

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  • Il piano di lavoro deve avere una superficie a basso indice di riflessione, essere stabile, di dimensioni sufficienti a permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio.
  • L’altezza del piano di lavoro fissa o regolabile deve essere indicativamente compresa fra 70 e 80 cm. Lo spazio a disposizione deve permettere l’alloggiamento e il movimento degli arti inferiori, nonché l’ingresso del sedile e dei braccioli se presenti.
La profondità del piano di lavoro deve essere tale da assicurare una adeguata distanza visiva dallo schermo.
  • Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi.

SEDILE DI LAVORO

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  • Il sedile di lavoro deve essere stabile e permettere all’utilizzatore libertà nei movimenti, nonché una posizione comoda. Il sedile deve avere altezza regolabile in maniera indipendente dallo schienale e dimensioni della seduta adeguate alle caratteristiche antropometriche dell’utilizzatore.
  • Lo schienale deve fornire un adeguato supporto alla regione dorso-lombare dell’utente. Pertanto deve essere adeguato alle caratteristiche antropometriche dell’utilizzatore e deve avere altezza e inclinazione regolabile. Nell’ambito di tali regolazioni l’utilizzatore dovrà poter fissare lo schienale nella posizione selezionata.
  • Lo schienale e la seduta devono avere bordi smussati. I materiali devono presentare un livello di permeabilità tali da non compromettere il comfort dell’utente e pulibili.
  • Il sedile deve essere dotato di un meccanismo girevole per facilitare i cambi di posizione e deve poter essere spostato agevolmente secondo le necessità dell’utilizzatore.
  • Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino per far assumere una postura adeguata agli arti inferiori. Il poggiapiedi non deve spostarsi involontariamente durante il suo uso.

COMPUTER PORTATILI

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  • L’impiego prolungato dei computer portatili necessita della fornitura di una tastiera e di un mouse o altro dispositivo di puntamento esterni nonché di un idoneo supporto che consenta il corretto posizionamento dello schermo.

ILLUMINAZIONE

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  • L’illuminazione generale e specifica (lampade da tavolo) deve garantire un illuminamento sufficiente e un contrasto appropriato tra lo schermo e l’ambiente circostante, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell’utilizzatore.
  • Riflessi sullo schermo, eccessivi contrasti di luminanza e abbagliamenti dell’operatore devono essere evitati disponendo la postazione di lavoro in funzione dell’ubicazione delle fonti di luce naturale e artificiale.
Si dovrà tener conto dell’esistenza di finestre, pareti trasparenti o traslucide, pareti e attrezzature di colore chiaro che possono determinare fenomeni di abbagliamento diretto e/o indiretto e/o riflessi sullo schermo.

PREVENZIONE

  • Con una buona visibilità si può svolgere correttamente il proprio compito lavorativo e riconoscere con velocità e facilità l’oggetto della visione.
  • Creare un confort visivo che soddisfi necessità fisiologiche e psicologiche.
  • Sicurezza e facilità di movimento, un pronto riconoscimento dei pericoli presenti nell’ambiente di lavoro.

RUMORE

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Secondo la normativa europea, il valore limite superiore di esposizione al rumore e’ fissato a 85 dB(A). Se questo limite viene superato, bisogna intervenire immediatamente.

L’operatore di centrale, sta al telefono/cuffie per molte ore, anche in maniera continuativa, e si espone a due pericoli potenziali: suoni forti improvvisi (picchi acustici) e alto livello medio di rumore.

Suoni molto forti ed improvvisi provenienti dalle cuffie (o direttamente dalla cornetta) possono essere causati da rumori di fondo e interruzioni nella rete telefonica. Senza l’adeguata protezione acustica tali disturbi possono provocare un vero e proprio shock acustico che non solo risulta molto fastidioso, ma che puo’ anche danneggiare l’udito.
Un livello troppo alto del volume delle cuffie durante la giornata lavorativa puo’ portare a stanchezza e stress, malesseri che si traducono non di rado in un calo di produttivita’ e di concentrazione.

Il rumore emesso dalle attrezzature presenti nel posto di lavoro non deve perturbare l’attenzione e la comunicazione verbale.

Alcuni esempi:

– Ventola PC 30 dBA

– Stampante laser 30 dBA

– Voce parlata 50 dBA

– Fotocopiatrice, stampante a getto d’inchiostro 50 dBA

– Tono alto di voce 60 dBA

– video + digitazione tastiera: 56-58 dB(A);

– stampante a getto di inchiostro: circa 50 dB(A);

– stampante ad aghi: circa 60 dB(A);

– conversazione normale a un metro di distanza: 60-75 dB(A).

PREVENZIONE AL RUMORE

  • Installare i VDT in locali poco disturbati da fonti di rumore interne o esterne.
  • Scegliere strumentazione poco rumorosa (prima dell’acquisto leggere le caratteristiche tecniche).
  • Isolare gli strumenti rumorosi in locali separati o con dispositivi fono-isolanti
  • Dotarsi di cuffie con tecnologia: SafeTone, PeakStop, Intellitone, per assicurare una protezione ottimale e costante, e un volume sempre a un livello adeguato, non appena riceve un segnale audio eccessivamente elevato, reagisce in modo istantaneo, bloccando i picchi acustici e mantenendo il livello dell’audio in un intervallo sicuro per proteggere l’udito.

ULTERIORI POTENZIALI RISCHI IN CENTRALE OPERATIVA

Sono diverse le cause che portano un lavoratore ad assentarsi per infortunio o malattia.

I seguenti fattori svolgono un ruolo importante:

  • Sistemazione oggetti: non mettete gli oggetti pesanti sui ripiani alti degli armadi, collocateli invece più in basso possibile. (magazzino e/o archivio pericolo di caduta dall’alto e vari traumi all’apparato muscolo-scheletrico).
  • Sollevamento e trasporto carichi: nel sollevare e trasportare carichi, fate in modo di avere la schiena dritta e di tenere il carico più vicino possibile al vostro corpo. La vostra schiena non deve mai curvarsi né ruotare di lato.
  • Vie di circolazione sgombre: tenete le vie di circolazione e i passaggi sempre sgombri. (no borse, scatoloni, ecc. pericolo di inciampo).
  • Cassetti aperti: dopo averli aperti, i cassetti vanno sempre richiusi.(pericolo di inciampare se bassi, altrimenti altri tipi di lesioni sul corpo a seconda dell’altezza del cassetto).
  • Canaline dei cavi aperte: chiudete le canaline aperte dei cavi oppure, se non è possibile, segnalatele. (pericolo di inciampo e folgorazione e/o principio di incendio se cavi rovinati e scoperti).
  • Liquidi sul pavimento: eliminate rapidamente eventuali versamenti di liquidi. (pericolo scivolamento e cortocircuiti se vicino a postazioni elettroniche).
  • Elementi provvisori: apparecchi e cavi provvisori possono non essere visti per questioni di abitudine. Segnalateli oppure rimuoveteli! (pericolo di inciampo).
  • Ausili di salita : non usate mai le sedie da ufficio per accedere a scaffali alti o a strutture sopraelevate; utilizzate invece appositi ausili di salita, opportunamente collaudati in termini di sicurezza. (pericolo di lesioni e traumi all’apparato muscolo-scheletrico).

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La Disidratazione nel Soccorritore un pericolo sempre in agguato…

Cosa ci dice la normativa di riferimento al riguardo:

Il Testo Unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori (D.Lgs.81/08) ci indica tra gli obblighi che:

IL DATORE DI LAVORO (DDL) Deve valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”, compresi quelli riguardanti “gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari” e quindi anche al rischio di danni da calore tipico delle attività lavorative svolte in ambiente aperto nei periodi di grande caldo estivo.

– Tale valutazione deve tener conto anche dei rischi collegati alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi.

– Programmare misure di prevenzione che integrino le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente (come temperatura ed umidità dell’aria) e dell’organizzazione del lavoro.

– Fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale (DPI).

– Garantisce ai lavoratori sufficiente ed adeguata informazione e formazione in materia di salute e sicurezza, (attraverso i corsi di 4h “formazione generale” e 12h “formazione specifica” fatti dal RSPP formatore autorizzato con l’aiuto del Medico competente dove previsto e regolamentato “dall’Articolo 37 – Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti del D.Lgs.81/08”).

– Dove riguarda i lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso formativo.

– Verifica se i propri lavoratori (dipendenti e/o volontari) aderiscono al Ramadan, soprattutto se affetti da patologie croniche come il Diabete, ecc.

– Sottopone i lavoratori a “controllo sanitario”, inviandoli dal medico competente (MC), conosciuto

anche come ex medico del lavoro.

Oggi il Medico Competente interviene direttamente nell’attuazione del servizio di prevenzione e protezione (SPP), al fianco del datore di Lavoro (DDL) e del protezione (RSPP), per la valutazione dei rischi al lavoratore e/o volontario, e alla stesura del (DVR) responsabile del servizio di prevenzione e documento valutazione dei rischi.

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OBBLIGHI DEI LAVORATORI

-Informano il datore di lavoro se si sta seguendo il Ramadan, diete particolari ecc.

-Osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, o da un suo responsabile (preposto/capo turno), ai fini della protezione collettiva ed individuale.

– Utilizzano correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza e di protezione messi a loro disposizione.

– Segnalano immediatamente al datore di lavoro, o ad un suo responsabile, le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di sicurezza e di protezione, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza.

– Si sottopongono ai controlli sanitari previsti dalla norma o disposti dal medico competente.

– Non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori.

– Partecipano ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro.In quali occasioni la disidratazione ha un impatto rischioso sulla nostra sicurezza e sui nostri colleghi?

La disidratazione può causare mal di testa, stanchezza e perdita di concentrazione, che a loro volta riducono la capacità di rimanere vigili. Un’idratazione adeguata è quindi particolarmente necessaria per tutte le attività che richiedono una buona performance mentale e fisica, come la guida di un mezzo di soccorso, il lavoro in equipe tra medico, infermiere e soccorritore durante un intervento di soccorso.

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Quali sono gli EFFETTI DANNOSI DEL CALORE?

I danni da calore si manifestano per esposizione a condizioni climatiche caratterizzate da elevata temperatura ed elevata umidità dell’aria.

In ordine di gravità si possono presentare:

1) Disidratazione: è legata ad una perdita di liquidi con la sudorazione e ad un loro insufficiente reintegro.

2) Crampi da calore: sono dovuti ad una sudorazione abbondante e prolungata che porta ad una perdita di sali minerali.

3) Esaurimento da calore: è un collasso circolatorio che può portare alla perdita di coscienza.

4) Colpo di calore: è dovuto al blocco dei meccanismi di dispersione del calore con conseguente

aumento della temperatura corporea fino a superare i 40°C (la prognosi è grave con rischio di morte).

I segnali di allarme:

– Cute calda e arrossata;

– Sete intensa;Schermata 2015-09-26 alle 12.02.29

– Sensazione di debolezza;

– Crampi muscolari;

– Nausea e vomito;

– Vertigini,

– Convulsioni;

– Stato confusionale;

– Perdita di coscienza.

TEMPERATURA E UMIDITÀ DELL’ARIA

Vanno considerate a rischio le giornate in cui la temperatura all’ombra è di oltre i 30°C con l’umidità relativa molto elevata (superiore al 70%), il lavoro si svolge in pieno sole ed i periodi caratterizzati da improvvise ondate di calore.

COSA PUOI FARE?

– Verifica prima di iniziare la missione, le condizioni meteorologiche al fine di valutare il reale rischio, (oggi giorno basta guardare sul telefonino..).

SIAMO SOCCORRITORI A RISCHIO?

Dipende… da molti fattori, e dal tipo di missione che ci prepariamo a svolgere:

I soccorritori a maggior rischio sono quelli che lavorano all’aperto o comunque in ambienti di lavoro caratterizzati da elevata temperatura ed umidità dell’aria o anche da marcato impegno fisico:

– Soccorritori impiegati in incidenti stradali con operazioni di soccorso complesse e lunghe (pazienti incastrati e/o altamente instabili, più veicoli coinvolti, dispersi, ecc.).

– Rianimazioni in ambienti ostili o poco ventilati dove non è possibile spostare rapidamente il malato per un miglior comfort dell’equipaggio, (case non climatizzate, in strada, spiagge, terrazze, campanili, ecc.)

– Ricerca persone, in aree rurali o zone montuose (ricerca, stabilizzazione in loco, estrazione e recupero fino al mezzo di soccorso, ecc.).

– Trasporti ordinari o programmati dei pazienti da e verso l’ospedale alla guida di ambulanze sprovviste di aria condizionata, dovuto a:

– un guasto dell’impianto, a cattiva manutenzione, oppure alla non presenza, in questo caso, si mette a rischio la vita del paziente già defedato dalla sua patologia, della propria sicurezza di quella del collega e degli utenti presenti in strada).

Da ritenere inoltre maggiormente suscettibili i lavoratori affetti da malattie metaboliche ed endocrine (diabete mellito, distiroidismo, ecc..) cardiovascolari, epatiche, i soggetti più anziani o coloro che seguono particolari trattamenti terapeutici.

Sono inoltre da ritenere a rischio particolari missioni di soccorso come: all’interno di cunicoli, o altri ambienti confinati pericolosi, a lavori in altezza, trasporto del paziente per le rampe delle scale, e guida dei mezzi di soccorso).

SFORZO FISICO RICHIESTO NEL SOCCORRERE UNA PERSONA

Tanto più è intenso lo sforzo fisico svolto dal soccorritore tanto maggiore è la quantità di calore prodotta dall’attività muscolare con conseguente “surriscaldamento” dell’organismo e quindi aumento del rischio di colpo di calore.

Bere acqua fresca (non ghiacciata), ed eventualmente bevande che contengono sali minerali, ricordandoti di rinfrescarti frequentemente, non solo abbassa la temperatura interna del corpo, ma soprattutto consente al fisico di recuperare i liquidi persi con la sudorazione.

COSA PUOI FARE?:

– Sul posto di lavoro devono essere regolarmente riforniti di acqua potabile fresca, bevande idro- saline e acqua per il rinfrescamento dei soccorritori nei periodi di pausa.

– E’ importante consumare acqua prima di avvertire la sete e frequentemente durante il turno di lavoro, evitando le bevande ghiacciate ed integrando con bevande idro-saline se si suda molto.

– Lascia una almeno una bottiglia d’acqua in ambulanza dentro una borsa termica.

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DISPOSITIVI DI PROTEZIONE (DP)

I dispositivi di protezione sono rappresentati da un abbigliamento che consenta al lavoratore di proteggersi dagli effetti dannosi del calore e delle radiazioni ultraviolette (UV) del sole.

Le misure specifiche sono:

– Copricapo: è consigliabile indossare un cappello con “visiera” tipo da baseball, (l’ottimale sarebbe a testa larga e circolare che fornisca una buona protezione, oltre che al capo, anche alle orecchie, naso e collo).

– Indumenti: è consigliabile indossare la divisa estiva (ove prevista, in dotazione) in tessuto traspirante (misto cotone/poliestere). Leggete la scheda tecnica della vostra divisa..

È consigliato, se compatibili con la tipologia della missione, l’uso di occhiali da sole, che devono essere aderenti per impedire il passaggio di radiazioni UV, e di prodotti antisolari da applicare sulle parti del corpo scoperte. i raggi ultravioletti, invisibili e impercettibili, ci raggiungono ogni giorno tramite l’irraggiamento solare.

I valori massimi giornalieri si registrano tra le 11:00 e le 15:00 (12,00 – 16,00 con l’ora legale).

A partire da una determinata intensità i raggi UV possono provocare tumori della pelle o lesioni oculari.

COMPORTAMENTI DEL SOCCORRITORE

Alcuni comportamenti scorretti del soccorritore possono aumentare il rischio di colpo di calore.

Misure specifiche che il Capoturno deve compiere è verificare: l’ informazione e formazione sul rischio specifico, uso corretto dei dispositivi di protezione, misure di prevenzione in azienda.

– Comportamenti di salvaguardia quali: non assumere alcolici e sostanze stupefacenti, evitare pasti abbondanti in pausa pranzo e non lavorare in luoghi isolati senza aver preventivamente informato i colleghi o il datore di lavoro.

FATTORI INDIVIDUALI

Alcuni fattori individuali possono favorire la comparsa del colpo di calore:

– Età: la tolleranza al caldo diminuisce con l’età;

– Tipologia corporea: eccessiva magrezza ed obesità aumentano il rischio ;

– Il sesso: le donne sono più sensibili al calore dell’uomo;

– Assunzione di farmaci: possono aumentare la suscettibilità al calore;- Condizioni cliniche generali del soccorritore: condizioni patologiche possono render maggiormente “fragile” il soggetto come il Diabete;

– Ipersuscettibilità individuale legata a fattori genetici.

Misura specifica: la sorveglianza sanitaria dei lavoratori svolta dal medico competente consente di identificare le controindicazioni allo svolgimento della mansione o di individuare soggetti a rischio per cui si dovranno adottare particolari provvedimenti.

Da valutare con attenzione le situazioni di privazione volontaria di cibo e di bevande da parte dei lavoratori.

SEGNALARE SUBITO I PRIMI SINTOMI IN CASO DI MALESSERE: ai colleghi o all’addetto al Primo Soccorso.

SOLUZIONI DA RSPP: per il periodo estivo è consigliato acquistare giacche predisposte per il contenimento della sacca d’acqua, (ne esistono di vari tipi e funzioni, a seconda delle esigenze operative, economiche e organizzative).

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Fino ad arrivare a speciali giacche che possono essere indossate sopra o sotto i vestiti per aiutare a regolare la temperatura interna e mantenere la pelle fresca quando si lavora al caldo.

Contengono un particolare gel cristallizzato che si attiva immergendolo nell’acqua per circa 10-15min e in freezer per 2h , garantendo poi, circa 2h di rilascio a una temperatura esterna di 40 ° C.

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Scena Sicura? Sicuri di essere al sicuro?

Nel soccorso sanitario ogni buon soccorritore conosce chiaramente il significato di scena sicura… ma della propria sicurezza nel lavoro?

Nella campo della sicurezza dei lavoratori (81/2008, ex 626/94), esiste una formula matematica che i responsabili del servizio prevenzione e sicurezza (RSPP), conoscono perfettamente, ed è bene tenere in mente: 3…. 27…. X….

Dove:

3 = sono i morti (escono di casa per andare a lavorare e non vi faranno più rientro la sera).

27= gli infortuni gravi (anche con lesioni permanenti).

X = incognita (lavoratori in nero).

Ecco cosa accade OGNI GIORNO in Italia.

Le stime ufficiali INAIL (gennaio-dicembre 2014), parlano di 1009 denunce d’infortunio con esito mortale “morti biancheincidenti

Qual è lo scopo delle normative in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro?

 La tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori, ossia:

Evitare l’insorgenza di malattie causate dall’attività lavorativa (attività di prevenzione).

Evitare il verificarsi di eventi infortunistici e quindi di lesioni al corpo, a prescindere dall’entità delle lesioni stesse (attività di prevenzione).

Impedire che una situazione di emergenza degeneri (attività di protezione).

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La Catena dell’infortunio:

E’ una catena composta dalle seguenti maglie:

PERICOLO : proprietà o qualità intrinseca di una determinata entità, avente il potenziale di causare i danni (pericoli generici, specifici, ergonomici, di processo, organizzativi).

RISCHIO : effetto combinato tra la probabilità di accadimento e le dimensioni del danno conseguenti all’esposizione ad un pericolo.

DANNO : effetto avverso prodotto dall’agente sulla salute (connotazione squisitamente biologica).

tab1tab2Tipologia dei maggiori rischi in “Casa Nostra”

Per la sicurezza sono:

  1. Strutturali: strade, case, fabbriche, Corsie e reparti, ospedali, ecc.
  2. Attrezzature tecniche: elettromedicali, barelle, zaini, ecc.
  3. Incendi ed esplosioni: bombole di ossigeno, batterie, impiantistica elettrica, ecc.
  4. Aggressioni e violenze: pazienti, parenti, rivolte, animali domestici, ecc.

Per la salute dovute a:

  1. Agenti chimici: detergenti, disinfettanti, materiale per la sanificazione con caratteristiche tossiche, nocive, infiammabili, corrosive, irritanti, ecc.
  2. Agenti fisici: il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche, ecc.
  3. Agenti biologici: Il rischio biologico è spesso di tipo ambientale, presente sia in attività lavorative in cui è “tradizionalmente” riconosciuta la presenza di agenti biologici (ambienti sanitari, laboratori di diagnosi e ricerca, settore dei rifiuti, allevamenti animali, ecc.), sia in ambienti come gli uffici, le scuole, i mezzi di trasporto, i centri estetici e sportivi, ecc., non esiste, pertanto, un ambiente di lavoro in cui tale rischio possa essere realmente ignorato.

TAB3TAB4* (VDT corrispondono ai video terminali; MMC alla movimentazione manuale dei carichi).

Lo scopo della valutazione dei rischi è identificare i pericoli e valutarli, stabilirne le misure necessarie di prevenzione e protezione, verifica e controllo, che le misure adottate siano adeguate, fornire priorità di prevenzione e protezione, fornire alle autorità competenti, ai lavoratori, ai loro rappresentanti e al sistema aziendale stesso la testimonianza che i fattori di rischio “i pericoli” siano sotto controllo.

L’infortunio sul lavoro è un evento dannoso alla persona che si manifesta in modo rapido, violento e involontario, in occasione del lavoro e ne pregiudica la capacità lavorativa del soggetto interessato, in contrapposizione alla malattia professionale che si manifesta come un evento dannoso alla persona in modo lento, graduale e progressivo, involontario, in occasione del lavoro, e pregiudica la capacità lavorativa del soggetto interessato.

Perché accadono gli infortuni?

Accadono per molti fattori quali:

-L’organizzazione del sistema di sicurezza non presente.

-La scarsa padronanza dell’attrezzatura e/o della macchina (mancata informazione, formazione e addestramento).

-Assuefazione ai rischi (abitudine dei gesti).

-Sottostima dei rischi (neutralizzazione delle protezioni viste come ostacoli o non aiuti).

-Diminuzione della attenzione nel lavoro che si stà svolgendo (stanchezza, uso del cellulare in modo improprio, ecc.).

-Mancato rispetto delle procedure (protocolli operativi, regolamenti interni e leggi nazionali).

-Aumento dello stress (intervento complesso, rumore, ritmo del lavoro, ecc.).

-Manutenzione poco o male eseguita (rischi insospettati dall’operatore, barelle e attrezzature vecchie e non collaudate da personale qualificato, teli portaferiti ricuciti, ecc.).

-Dispositivi di protezione inadatti (guanti monouso non adeguati al lavoro da svolgere , caschetti non a norma o scaduti, calzature non idonee ecc.).

Sistemi di comando e controllo troppo sofisticati (strumenti troppo complessi e di difficile uso da parte dell’operatore in condizioni di emergenza).

-Mezzi e/o attrezzature non adatte allo scopo o all’ambiente in cui si lavora (elettromedicali obsoleti, pesanti da trasportare ad uso interno e non extraterritoriale e viceversa, carelli o zaini adattati ma non specifici al lavoro).

-Circolazione di persone non autorizzate (curiosi, parenti, ecc.).

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Quanto costa l’infortunio in Italia?

Per “costo dell’infortunio” si intendono sia i costi diretti che quelli indiretti che corrisponde circa al 3% del PIL Nazionale ed è valutabile in circa 45 miliardi di euro. Nel 2010 sono stati denunciati all’ Inail 775.374 infortuni sul lavoro e 42.347 malattie professionali per un totale appunto di 45 miliardi di euro.

Cosa si mette in moto dopo l’infortunio?

Per prima cosa arrivano i primi soccorsi per il danno più o meno grave al lavoratore e il trasporto della vittima, l’interruzione dell’attività lavorativa dei colleghi, sovvenzioni accordate all’infortunato e alla sua famiglia, pratiche amministrative e giuridiche, salario all’infortunato durante la sua assenza dal lavoro, salario ad altro lavoratore che sostituisce l’infortunato, rendimento iniziale del lavoratore che sostituisce l’infortunato, danni materiali collegati all’infortunio per le macchine, attrezzature e/o costruzioni, con relativo arresto di produzione, fermo ed eventuali sanzioni per interventi degli organi di vigilanza (es. Az. ASL, VVF, Ispettorato del Lavoro).

Riparazione o sostituzione del macchinario, perdite economiche collegate alla diminuzione di produzione per i danni a persone e cose.

Danno dell’immagine dell’azienda, insoddisfazione del cliente/appaltatore per eventuali disservizi, insoddisfazione del personale, aumento dei premi di assicurazione (INAIL e per responsabilità civile), procedimento penale, spese per perizie, procedure legali.

Quali sono le cause degli infortuni sul lavoro in ambito nazionale?

Il 2% fattore accidentale, il 20% fattore tecnico, il 78% fattore umano.

Cultura della sicurezza? Siamo ancora lontani?

Nel settore sanitario abbiamo ancora molto da fare, la sicurezza dei lavoratori viene visto ancora troppo spesso come una “spesa” obbligatoria ma poco importante dal datore di lavoro per la sua azienda, e da parte del lavoratore vengono visti come una perdita di tempo i corsi sulla sicurezza e le eventuali esercitazioni.

Ed in tanto nelle corsie ospedaliere continuiamo a vedere personale con calzature non adatte, senza occhiali protettivi, senza guanti, senza maschere facciali dove ne necessità l’uso oppure non corrette, ecc.

In strada continuiamo a vedere soccorritori senza caschetti protettivi e visiere, durante le fasi di soccorso con scarpe da ginnastica, ecc..

Ricordo che L’art.36 e 37 del D.L.gs. 81/08 obbliga che in ogni azienda i lavoratori e i loro rappresentanti ricevano una formazione adeguata per ciò che riguarda la salute e la sicurezza dei lavoratori. Nel caso in cui questa norma non venisse rispettata sono previste una serie di sanzioni per il datore di lavoro. Inoltre la legge prevede che qualsiasi lavoratore, compresi i neoassunti e collaboratori, debbano essere formati nel momento stesso in cui cominciano a lavorare nell’azienda.

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La mia non è una generalizzazione, esistono anche realtà di eccellenza, ma invito tutti, a guardarvi intorno alla vostra realtà lavorativa e di porvi questa semplice domanda:

“Sono sicuro di essere al sicuro?”…